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Descrizione

La parrocchiale - come attesta una lapide - fu voluta nel 1509 dal vescovo Enrico Bruno, nativo del luogo, che però morì pochi mesi dopo l'avvio dei lavori, sicché l'impresa fu portata a compimento dai nipoti Paolo Emilio e Giovanni Francesco. Fu quest'ultimo, vescovo di Nola, a consacrare nel 1516 la chiesa, che sviluppa idee di derivazione bramantesca nella pianta a croce greca, con tiburio alI'incrocio delIe due corte braccia. La facciata, a capanna, appare tripartita da lesene, entro cui armoniosamente s'inseriscono i profili di tre arcate, ed è a sua volta sormontata da un frontone al centro del quale campeggia, in bassorilievo, a mezzo busto, il Salvatore benedicente contornato da quattro cherubini e dai simboli del tempo (o - come altri suppone - del Cristo e della Chiesa): il Sole e la Luna; un altro sole rimanda probabilmente alIo stemma dei Bruno.


Del resto, tre stemmi di marmo bianco posti al di sopra delle tre porte, per quanto scalpellati durante la dominazione francese, lasciano intravedere i resti di un sole a otto fiamme che era scolpito nelIa parte inferiore degli scudi. Sotto di esso è inciso il nome del personaggio cui si riferiscono: al centro quelIo di Enrico e ai lati quelIi di Giovanni Francesco e di Paolo Emilio.

Anche all'interno, nel fregio della cornice di imposta degli archi delIa cupola sono visibili dei soli in rilievo a stucco dorato. Un altro sole è scolpito nella lastra di pietra davanti all'altare dei Bruno, situato al centro del fianco destro. Sul frontone di una cappelletta dedicata a San Giuseppe è pure scolpito il sole e, nel fondo delIa nicchia rettangolare che accoglie un bassorilievo rappresentante il Santo, c'è una formella in pietra col sole scolpito in rilievo. Un altro sole scalpelIato è in una lastra in pietra murata sulla parete di una casa su cui è scolpita in bassorilievo una ben modelIata Resurrezione, al centro del sarcofago.Queste testimonianze stanno a documentare la liberalità dei Bruno, feudatari del luogo, così come le iscrizioni della chiesa attestano la loro notevole cultura umanistica.


La soluzione architettonica adottata per la chiesa, pur nella sua indubbia eleganza, presenta - secondo il Mallé - delle 'Incongruenze di legamento e proporzione tra corpo e facciata' che starebbero a testimoniare una declinazione in senso ligure delle idee bramantesche. «Le tre porte di luce rettangolare che danno accesso alla chiesa sono contornate da stipiti di nitida sagomatura: le due laterali sono sormontate da un frontone curvilineo piuttosto basso e quella centrale da un frontone triangolare. Le modanature degli stipiti e del frontone della porta centrale sono più ricche di quelle laterali: come è più ricco il fregio, che reca un ornato di composizione a fattura tipicamente lombarda» (Checchi). Nei timpani dell'arco centrale due medaglioni scolpiti in arenaria rappresentano l'Annunciazione: nel medaglione di sinistra, meglio conselVato, è rappresentato l'Arcangelo Gabriele, mentre della Vergine rimane, in quello di destra, solo la testa. Il panneggio della tunica dell'Arcangelo fa pensare a un'opera di derivazione toscana. Una statuina in marmo bianco di San Rocco, settecentesca e non priva di una certa vigoria di modellato si trova davanti alla mensola di chiave dell'arco centrale.

Nobile è pure l'interno, con la cupola centrale che poggia su quattro massicci pilastri in pietra; mentre più tardo e più banale è il presbiterio: è probabile che nel 1827, per costruire il coro, si sia demolita l'originaria abside rettilinea.

Nel pennacchio della cupola, al di sotto della figura di San Marco evangelista, è tuttora leggibile la firma del pittore Calosso, che nel 1893 ne curò la decorazione, sovrapponendola a una precedente di metà Settecento. Con tutto ciò, la chiesa per la sua pianta sviluppata e iscritta in un quadrato, non ha precedenti rinascimentali e nessun altro architetto aveva analizzato e approfondito i problemi della chiesa a pianta centrale quanto il Bramante. Viene pertanto naturale pensare che monsignor Enrico Bruno, vivendo a Roma in qualità di amministratore depositario delle rendite dei domini temporali della Chiesa Romana in un periodo di grande fervore costruttivo, intenzionato a erigere una chiesa al suo paese d'origine, si sia rivolto al geniale architetto che in quegli anni lavorava a Roma per il Papato.

Resta poi da chiedersi se sia del tutto casuale imbattersi nello stesso materiale, la friabile arenaria, e nella stessa tipologia strutturale anche nella chiesa di San Lorenzo a Saliceto. La presenza nell'uno e nell'altro luogo di alti prelati (i Bruno e il Del Carretto) legati per più versi ad ambienti romani fortemente impregnati di cultura umanistico-rinascimentale indurrebbe a escluderlo.

La ricerca dei simboli e degli stemmi della famiglia Bruno ci invita a una passeggiata per il centro storico di Roccaverano, tra ripide strade e voltoni in pietra, portali scolpiti e scorci suggestivi, lapidi di grandi del passato e anche qualche edificio moderno non troppo consono al luogo.



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La Parrocchiale


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